Egregi Signori Delegati,

nel dare inizio alla nostra consueta assemblea annuale, che quest’anno si compone anche di  una parte straordinaria riguardante le proposte modifiche statutarie delle quali avremo modo di parlare confrontandoci, intendo, innanzitutto, darvi un caloroso benvenuto e ringraziarvi, anche a nome dell’intero Consiglio Direttivo, della partecipazione, numerosa e qualificata, segno evidente, a mio avviso, dell’interesse comune di far sì che la nostra Federazione, attraverso il contributo che ciascuno può dare alla riuscita dei lavori, abbia sempre più un ruolo di indirizzo per l’attività di ogni singola Associazione qui rappresentata.

E che tale sia lo spirito che anima questa partecipazione è dimostrato, a mio parere, dal fatto che delle venticinque Associazioni che fanno parte della FAP, ne sono presenti, attraverso voi signori delegati, ventidue, ossia la quasi totalità.

Come ho avuto già modo di accennare, in questa tornata assembleare saremo chiamati a discutere e deliberare su questioni che investono sia quelle di consueta routine riguardanti l’andamento della Federazione nel corso del 2018 e di quanto ad essere inerisce in termini legali e giurisprudenziali, anche in merito ad alcune modifiche statutarie derivanti dall’opportunità, rilevata a livello consiliare, di dare una migliore organizzazione sotto il profilo gestionale, sia – e soprattutto – a contemplare anche a livello statutario la previsione circa la costituzione, sotto l’egida della nostra Federazione, di organi di coordinamento fra Associazioni portatrici di interessi comuni, al fine di determinare, in quanto possibile, un unico indirizzo di comportamento e di azione.

Peraltro, anche questa volta, prima di entrare nel merito degli aspetti sopra accennati, quantunque importanti, ma certamente riferiti alla nostra specifica condizione di pensionati Cariplo oppure esodati e pensionati del Gruppo Intesa,  non posso esimermi dal richiamare la Vostra attenzione in merito alla situazione in cui versa la categoria delle persone ritirate dal lavoro, altrettanto importante sotto un profilo di carattere più generale.

Nel contesto economico non certamente brillante in cui versa il Paese, evidente e conclamato al di là dei proclami secondo la convenienza dei Governi attuale e precedenti, noto a tutti  e, soprattutto, sperimentato da tutti,  laddove problemi, talvolta marginali, sono sottolineati ad arte per distogliere da quelli reali,  fra i soggetti penalizzati un posto d’onore spetta certamente al ceto pensionistico. Infatti, per la grande maggioranza dei pensionati gli importi si riducono secondo la necessità dello Stato di fare cassa per supportare interventi talvolta assai discutibili, ma, cessata la contingenza, tali importi non tornano allo stato precedente. In tal modo, la riproposizione tutt’altro che temporanea, dichiarata ogni volta per non incorrere in problemi di costituzionalità, fa sì che le erosioni si sommino l’una all’altra, andando ad incidere pesantemente nel tempo sugli importi erogati e, conseguentemente, sul ridotto potere d’acquisto che ne deriva.

 Accanto al già sperimentato e consolidato orientamento di agire sulle  pensioni di maggior importo, le cosiddette “pensioni d’oro”, attraverso il contributo di solidarietà, questa volta disposto in misura progressiva su quelle che superano centomila Euro lorde, è stato previsto, nei provvedimenti collegati al bilancio dello Stato per il 2019, un riconoscimento ridotto della perequazione che comporterà, a sua volta, una riduzione delle pensioni riguardanti i trattamenti superiori a tre volte il minimo lordo (cioè millecinquecento Euro) e che avrebbe dovuto decorrere dallo scorso gennaio. Peraltro, l’INPS non è stata in grado di provvedere immediatamente in seguito al fatto che la finanziaria 2019 è stata approvata il 31 dicembre 2018, ed ha applicato la perequazione nei decorsi tre mesi in misure completa. Al provvedimento è stato dato seguito con le pensioni di aprile ed il “recupero”, fra virgolette, di quanto versatoci in eccedenza, sembra debba avvenire in unica soluzione con le erogazioni pensionistiche del prossimo mese di giugno.

Il sacrificio che si chiede solo ai pensionati pare debba essere destinato a finanziare la cosiddetta “quota cento”, impregnata la sua parte di pura demagogia  anche perché, a detta degli esperti, ben difficilmente potrà risolversi in una maggiore dinamica del mercato del lavoro, come è stato sbandierato. In altri termini, pare non possa andare ad incidere più di tanto sull’attuale tasso di disoccupazione, fra i più alti nel contesto europeo. Anche perché, secondo uno studio recente di Confindustria, coloro che  usufruiranno di tale opportunità non saranno sostituiti se  non per il solo dieci per cento.

Ancora una volta, dunque, si chiede soprattutto al ceto pensionistico di sopperire a  carenze di approvvigionamento destinate a provvedimenti discutibili, incidendo su diritti che dovrebbero essere acquisiti, ma che, in concreto, non lo sono, essendo costantemente destinati ad essere compressi. Il che dimostra, se pure ve ne fosse bisogno, che i pensionati vengono ritenuti una categoria di privilegiati, ma che, almeno per la massima parte, tali non sono certamente.

Tuttavia, essere considerati figli di un Dio minore in questa società non deriva solo da profili  di carattere economico, ma coinvolge la vita in generale per effetto delle discriminazioni che talvolta sfociano in perdita di dignità, quantunque in un contesto sociale appena attento  non dovrebbe essere difficile accorgersi dei contributi che gli anziani sono ancora capaci di fornire a vario titolo, essendo spesso e volentieri  impegnati a rendersi gratuitamente utili, in un innumerevole numero di circostanze, in famiglia e nella società.

Viceversa, sembra radicarsi sempre più nell’opinione comune il convincimento che l’anziano costituisce per la società un peso sociale, considerando la vecchiaia sinonimo di declino e di inutilità.

Orbene, in un contesto tutt’altro che positivo come questo, uno dei compiti che compete alle nostre Associazioni, oltre a quello di supportare le esigenze degli iscritti, è, a mio avviso,  anche quello di operare sulla base delle potenzialità che ciascuna Associazione è in grado di esprimere, per consentire agli anziani di prendere coscienza del loro ruolo sociale e per ribadire il loro sacrosanto diritto di essere sempre più oggetto di attenzione da parte delle istituzioni, in un’ottica di mantenimento di una qualità della vita che consenta all’anziano stesso di acquisire la consapevolezza di essere soggetto di diritti al pari delle generazioni più giovani.

Alla luce di quanto precede, dunque, la nostra Federazione non può esimersi, per il fatto stesso di esistere e di avere gli scopi che tutti conosciamo, dall’essere consapevole di dover essere di indirizzo e supporto sempre con maggiore incisività sull’attività dei propri enti federati, prendendo consapevolezza del fatto che l’importanza di azioni propositive, se, sa un lato, sono rivolte, in prima istanza, a venticinque Associazioni che hanno ritenuto di consorziarsi, in seconda ma non meno importante istanza, vanno ad impingere sulle aspettative di oltre trentaduemilaquattrocento persone, tale essendo il numero che alla fine dello scorso anno costituiva il complesso degli iscritti alle Associazioni stesse.

Concludo, auspicando che al termine di nostri lavori ciascuno ritorni alla propria attività arricchito anche questa volta di idee e conoscenze da trasferire nelle realtà in cui è chiamato ad operare, nella consapevolezza che il mettere a disposizione gratuitamente tempo, risorse, professionalità e competenze consente il raggiungimento del nobile fine di essere utili agli altri.

Il Presidente
Franco Catenaccio

 

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